Giugno 20, 2024
Admin
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Un po’ di tempo fa ho acquistato, presso una Casa d’ Aste piuttosto nota specializzata nella vendita di preziosi, un lotto di poco più di venti anelli.
L’asta era on line, la foto del lotto unica e gli anelli, per forza di cose, si coprivano parzialmente l’un l’altro. La descrizione, piuttosto sommaria, non faceva riferimento al periodo ma molti sembravano almeno degli anni 50, qualcuno dei primi del 900 e un paio addirittura antichi.
Il lotto ci è stato consegnato regolarmente in negozio qualche giorno dopo l’incanto e ancora chiuso, messo al sicuro e aperto solo all’indomani.
Un anello in modo particolare ha attirato fin da subito la mia attenzione. In fin dei conti niente di particolare, un classico anello “margherita” con un giro di diamanti e uno zaffiro nel centro, poco pulito a dir poco perché, come ben sanno tutti quelli che vi hanno a che fare quotidianamente, il diamante purtroppo è un minerale che attrae lo sporco in modo davvero unico.
Ogni gioiello che abbia dei diamanti, soprattutto un anello di cui se ne fa un uso quotidiano, a diretto contatto con l’epidermide, andrebbe pulito almeno ogni sei sette mesi. Immaginatevi quindi in che condizioni potesse trovarsi un gioiello con diamanti che non era pulito da decenni.
Dopo venti minuti nella vasca deli ultrasuoni il nostro anello ha tutto un altro aspetto. Le pietre appaiono ora ben separate le une dalle altre e l’oro riacquista il suo colore originario.
Le pietre appunto. Quei diamanti, in particolare il loro taglio, mi avevano incuriosito fin dalla prima osservazione alla lente.
Da oltre trent’anni compro e vendo gioielli antichi e mai mi era capitato di vedere quel tipo di taglio in un diamante. Oddio proprio mai no perché ricordavo di aver già visto qualcosa di simile in schizzi e disegni inerenti al diamante e alla storia del suo taglio. Però qualche dubbio ancora mi resta, potrebbe trattarsi solo di rosette particolarmente belle ricavate da un grezzo già di suo predisposto con un piano inaspettatamente liscio o chissà cos’altro.
Faccio vedere l’anello a Graziano Gensini direttore dell’Istituto Gemmologico di Firenze che conferma la mia impressione. “Sono table cut” mi dice senza ombra di dubbio. Lui stesso mi confessa di non averne mai visto uno dal vivo.
A questo punto è necessario aprire una piccola parentesi. Per un periodo molto lungo, diciamo tra il 1300 fino a tutto il 1600, gli unici diamanti che in Europa si potevano trovare in commercio provenivano dall’India. Più precisamente da Golconda, oggi solo un bellissimo sito archeologico alla periferia di Hyderabad, capitale del nuovissimo (anno 2014) stato del Telangana.
Ma i regnanti a Golconda durante questo lungo periodo ( i vari sultanati prima e i Moghul dopo) non mandavano in Europa tutti i diamanti perchè i più belli, i perfetti ottaedri, li tenevano per sé e a Venezia (primo ed unico, per molto tempo, centro di taglio del diamante in Europa) arrivavano solo grezzi di scarto o quasi.
E questo forse la ragione, detto per inciso, per cui i tagliatori veneziani, i cosiddetti “diamanteri”, diventarono maestri assoluti in questa difficilissima arte. Perché, per l’appunto, furono in un certo senso costretti ad ingegnarsi in modo particolare per tirar fuori diamanti ben tagliati e quindi commercialmente attraenti da grezzi oltremodo irregolari e per questo difficili da lavorare.
Questo prima con il “point cut”, poi appunto con il “table cut” ed infine con i più evoluti tagli Mazzarino e Peruzzi. Il “table cut” fu molto probabilmente una loro invenzione e comunque il primo taglio degno di questo nome. Il primo che rispondesse veramente a quello che è poi il fine ultimo di un taglio ben fatto e proporzionato: rimandare quanta più luce possibile agli occhi di chi guarda la pietra compatibilmente con la conservazione massima della massa, ovvero del peso.
Il suo predecessore, il primo taglio, il “point cut” spesso non si differenziava nemmeno tanto dal grezzo stesso in quanto, nella maggior parte dei casi, risultava solo una pietra grossolanamente appuntita. Il “table cut” costituì un notevole passo in avanti nel riuscire a “domare” il materiale in assoluto più duro che esista sulla terra.
Ma perché è cosi difficile oggi trovare dei “table cut”. Semplicemente perché via via che la tecnologia è progredita i diamanti sono stati ritagliati nel taglio che in quel momento era il più attuale.
Anche oggi è pratica comune ritagliare, per esempio, un “old mine” in un moderno “round cut” a 57 faccette specie se poi questo, dopo il ritaglio, ricade nella fascia dei “colorless” con minime inclusioni e quindi a fronte di una (di solito non esagerata) perdita di peso si ottiene un maggiore ritorno economico.
Questo naturalmente solo se il taglio vecchio è sciolto e non montato su un gioiello antico dove invece il valore, per così dire, antiquariale del gioiello di solito compensa ampiamente la minore brillantezza e il minor “fuoco” delle pietre.
Il “table cut” è stato il taglio predominante di tutto il XVI e buona parte del XVII secolo anche quando era già presente il suo successore, il “single cut” che è poi alla base dell’odierno taglio “round brilliant”.
Il nostro anello risale alla fine del XVII secolo, artigianato orafo con molta probabilità francese. Avete la possibilità di vederlo in un video sul sito dell’Istituto Gemmologico Fiorentino e tra i prodotti della Toscana Oro & A.
Lorenzo Capparelli
Centro Gemmologico Toscano
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