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Le imitazioni del Diamante (Parte 2)

Agosto 19, 2024

Admin

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Nella metà degli anni 70 in Russia e precisamente al Lebedev Physical Institute di Mosca venne prodotto l’ossido di zirconio (ZrO2) che, nonostante i nuovi materiali scoperti in questi ultimi anni, rimane, anche ai nostri giorni, una delle migliori e più diffuse imitazioni del Diamante.

Grazie ad una particolare miscela chimica l’ossido di zirconio viene stabilizzato nel sistema cristallino cubico da cui prende il nome di CZ (“cubic zirconia”).

Il metodo per sintetizzarla è detto “teschio di fusione” (skull melting method) e nel commercio è conosciuta con vari nomi a seconda del paese che la produce. Zirconia negli Stati Uniti, Finite e C-Ox in Russia, Djevalite in Svizzera e KSZ in Germania.

La CZ non va confusa assolutamente con lo Zircone che è un minerale, anche di qualità gemma, ma con tutt’ altre caratteristiche.

Oggi purtroppo, spesso ed erroneamente, molti col termine “zircone” intendono qualsiasi pietra incolore che luccichi e che voglia imitare il Diamante.

Tanto per rendere l’idea di quanto la CZ sia convincente come imitazione del Diamante basti pensare che attualmente se ne producono 60 milioni di carati l’anno.

Spesso la si trova montata in gioielleria economica su braccialetti, collane, orecchini etc.

Noi  preferiamo non farlo e vendere solo gioielli con diamanti naturali ma sono molte le gioiellerie che vendono abitualmente gioielli con CZ . E non c’è assolutamente nulla di male se chiaramente il cliente ne è  preventivamente informato.

Come ben noto la lucentezza ed il lustro del Diamante raggiungono livelli altissimi,  e nonostante questo la Zirconia Cubica vi si avvicina moltissimo.

Il suo coefficiente di dispersione della luce poi è solo leggermente più alto (0,060 rispetto a 0,040). La sua durezza nella scala Mohs si attesta tra 8 e 8,25 che sono valori più che buoni per far si che venga usata in gioielleria e montata senza neanche tante precauzioni.

Il suo peso specifico però (ahi, ahi) è molto più alto di quello del Diamante ( 5,50/6,00 rispetto a 3,52 ) e questo apre già un grande  varco nella possibilità di distinguere facilmente tra l’ una e l’altro.

La Zirconia Cubica, a parità di dimensioni, peserà sempre, più o meno, il 40 per cento in più di un Diamante.

Un altro modo semplice di separarlo dal Diamante è il cosiddetto “see  through”, letteralmente “vedere attraverso”.

La CZ, quando è tagliata “round brilliant”, come molte delle imitazioni del Diamante, (anche tra quelle che abbiamo esaminato sopra) ha un angolo critico più ampio di quello del Diamante stesso  per cui gran parte della luce che colpisce il padiglione (la parte bassa a forma di cono) non resta  nella gemma ma fuoriesce dalla stessa per cui, se per esempio la poniamo a faccia in giù su di un libro, possiamo vedere attraverso di essa i caratteri della stampa, cosa che al contrario non possiamo fare con il Diamante poiché in quest’ultimo è proprio l’ eccezionale quantità e qualità della luce (a parte i tagli pessimi che fuoriescono dagli standard) per così dire “intrappolata nella pietra” ad impedire che ciò avvenga.

Questi due metodi hanno però un limite: possono essere d’aiuto solo se la CZ  si presenta sciolta e  non montata su un gioiello.

Quando a fine anni 70, inizio anni 80, la  Zirconia Cubica cominciò prepotentemente ad invadere il mercato creò non poche apprensioni tra la maggior parte dei gioiellieri ed i potenziali acquirenti.

Non quanto la Moissanite di cui diremo tra poco ma insomma tanto da destare preoccupazione nel mondo della Gioielleria.

Considerate che (questo vale anche per molte  imitazione del Diamante)  avendo la CZ  un costo veramente basso è tagliata senza considerazione alcuna per lo spreco del grezzo e quindi il taglio sarà sempre ottimale, quando non eccellente.

E per lo stesso motivo la troverete sempre pulita e priva di inclusioni significative, cosa non sempre possibile con il Diamante proprio per il suo alto costo in quanto ogni grezzo giudicato potenzialmente qualità gemma (i grezzi che non lo sono vengono destinati all’industria) va ottimizzato quanto più possibile. Il tagliatore, nel caso d’un Diamante, avrà sempre come fine ultimo del suo lavoro il ricavo economico più alto possibile che quasi sempre (anche se  non sempre) coincide con l’ottimizzazione massima della massa, ovvero del peso del Diamante finito.

Se un tagliatore, tanto per fare un esempio, per mantenere quanto più peso possibile in un Diamante lascia una parte del grezzo non polita e lucidata (la cosiddetta “naturale”) o vi aggiunge una faccetta in più (“extra facet”) è ovvio che queste “imperfezioni” avranno il loro peso nel giudizio finale del taglio con conseguente disvalore ma se in questo modo avrà ottenuto una pietra da 2,00 carati in alternativa ad una di 1,99 carati dove la differenza in termini economici è sostanziale da compensare ampiamente il taglio non ottimale state pur certi che opterà sempre per questa  soluzione.

Tutti  accorgimenti ed attenzioni di cui il tagliatore di una CZ può fare tranquillamente a meno data la grande quantità e qualità di grezzo a disposizione.

E’ per questi motivi che, paradossalmente, talvolta capita che il taglio di una imitazione sia  “migliore” di quello del Diamante stesso.

Capite bene quanto una CZ  montata su un gioiello, nuova e fresca di lucidatura, con gli spigoli e gli angoli non ancora usurati, costituisca, anche per l’esperto, un problema.

Si, d’accordo nessuna imitazione possiederà mai il Lustro di un Diamante sfaccettato e nessuna imitazione avrà mai gli angoli delle faccette appuntiti come quelli del Diamante ma chi è quel professionista, quel commerciante o quel gioielliere che, per quanto esperto, se la sentirà di tirar fuori qualche migliaio d’euro in base a questi soli elementi che sono solo indicativi e non diagnostici.

Fortunatamente però a rimettere un po’ d’ordine e soprattutto ad assestare un duro colpo alla CZ  è intervenuta la tecnologia.

Pochissimo tempo dopo che la CZ  aveva invaso il mercato fu ideato il Thermal Tester detto anche Thermal Probe o, più semplicemente, Pennetta Termica.

Un’ idea geniale anche perché basata su di un principio fisico semplicissimo: la Conduzione Termica.

La Conduzione Termica di una gemma è il grado in cui la superficie della gemma cambia in risposta ad una specifica quantità di calore. Il Diamante è una delle cose che resta freddo più a lungo quando è investito da una fonte di calore. Ed è questo, tra l’altro, uno dei motivi per cui il Diamante trova un così largo uso nella componentistica spaziale.

Come dicevamo il principio del funzionamento della Pennetta Termica è molto semplice.

La punta della Pennetta Termica, appoggiata lievemente sulla gemma, le trasmette del calore e misura poi quanto si riscalda. La separazione tra Diamante ed imitazioni avviene perché il primo disperde il calore molto più velocemente delle altre gemme e la sua superficie resta  più fredda.

I risultati vengono poi semplicemente letti su di un display.

La Pennetta Termica funziona, e benissimo, con la CZ e con tutte le altre imitazioni del Diamante ma non (o almeno non come tante case produttrici vorrebbero far credere) con la Moissanite.

Se, come dicevamo sopra, la CZ  provocò alla sua uscita una forte scossa  nel campo delle pietre preziose in generale  e della gioielleria in particolare dovete immaginare che quello che produsse la Moissanite fu un vero e proprio terremoto.

Tutta la stampa ne trattò ampiamente e per un lungo periodo nel mondo della gioielleria sembrava non si parlasse d’altro.

La Moissanite è, attualmente, la migliore, la più credibile e  la più riuscita imitazione del Diamante.

Chimicamente parlando la Moissanite è un carburo di silicio e deve il suo nome al chimico francese, vincitore del premio Nobel,  Henri Moissan, che per primo scoprì questo raro minerale (insieme ad alcuni diamanti di dimensioni microscopiche) all’interno della meteorite “Canyon Diablo” in Arizona nel 1904.

Questo anche se la Moissanite sintetica veniva prodotta in grandi quantità già dal 1893 ed era conosciuta con il nome di “Carborundum” usata soprattutto per le sue ottime qualità di semiconduttore e come abrasivo.

Tutte le imitazioni del Diamante che abbiamo visto finora, avrete notato, presentano aspetti anche simili rispetto al Diamante ma tutte hanno qualcosa che le differenzia in modo netto e definitivo da quest’ultimo.

Lo Spinello sintetico, il Corindone sintetico e lo YAG hanno una brillantezza sensibilmente più bassa distinguibile anche ad occhio nudo, il Rutilo sintetico e il Titanato di Stronzio hanno una durezza davvero bassa e troppa dispersione (fuoco), la CZ ed il GGG hanno un alto peso specifico e quest’ultimo anche una bassa durezza.

La Moissanite sintetica no.

E’ quanto di più simile ci possa essere rispetto al Diamante per indice di rifrazione (solo poco di più): peso specifico (solo poco meno del Diamante);  durezza alta (9,25 della scala Mohs); coefficiente di dispersione della luce bianca (questo si più che nel Diamante).

Ma quello che davvero  colpisce nella Moissanite  sintetica è il suo aspetto generale messa accanto ad un Diamante.

A tutt’oggi non esiste altra imitazione che possa anche solo stargli vicino come credibilità.

Eppure anche lei, la Moissanite, ha il suo “tallone d’Achille”.

Qualcosa che la differenzia totalmente dal Diamante e che permette di separarla con relativa facilità.

Questo qualcosa ha un nome e si chiama birifrangenza.

Quando un fascio di luce colpisce qualsiasi materiale la velocità dei fotoni cambia e cambiando cambia di conseguenza anche la sua  direzione.

Quando la luce passa  dall’aria ad un qualsiasi materiale oltre a diminuire la propria velocità (apparentemente perché in effetti la velocità della luce non cambia)  cambia anche direzione per effetto del fenomeno della rifrazione. In alcuni materiali  (questo dipende dal sistema cristallino) procede pur sempre con direzione diversa ma unica mentre in altri procede in due direzioni diverse. In pratica si sdoppia.

Nel Diamante  il raggio di luce, pur, per così dire spezzato, procede in un'unica direzione mentre in altri sistemi (ed è il caso della nostra Moissanite) si divide in due.

Ciò è dovuto al fatto che il Diamante è monorifrangente (vi potrebbe, in effetti, capitare di sentire che “spesso ha birifrangenza anomala” ma questo non ha a che fare con quello di cui stiamo parlando ora) e la Moissanite al contrario è birifrangente.

Questo di fatto comporta lo sdoppiamento delle faccette e del riflesso della cintura rilevabili al microscopio ma anche con una semplice lente a dieci ingrandimenti.

Con una sola accortezza.  Quasi sempre la Moissanite (anche con intenti fraudolenti, purtroppo) viene sfaccettata con l’asse ottico perpendicolare alla tavola e quindi guardandola in questa direzione non presenterà nessuno sdoppiamento e vi sembrerà di osservare un diamante.

Basterà  però  solo inclinarla perché da qualsiasi altra angolazione mostri il classico sdoppiamento.

Un’ultima considerazione. La Moissanite sintetica, come dicevamo, alla sua uscita sul mercato, nel 1996, creò non poco scompiglio nel mercato soprattutto in considerazione del fatto che era considerata difficile da individuare.

Prima di allora, come abbiamo detto sopra, i gioiellieri potevano usare i Tester per la resistenza termica, la Pennetta termica, facilmente reperibili sul mercato, in assoluta tranquillità, per separare il Diamante da tutte le altre  imitazioni.

Con questo nuovo materiale non fu più possibile farlo in quanto i valori di  resistenza e conducibilità termica del Diamante e della Moissanite  sintetica sono quasi uguali.

Fu questo, a conti fatti, il vero motivo (unito alla stupefacente verosimiglianza) che creò tanto stupore, per cui la Moissanite  fu così tanto ampiamente trattata sulla stampa specialistica e non.

E’ cambiato qualcosa da allora? A sentire il parere delle varie case produttrici dei nuovi “Termal Tester” è cambiato tutto. Ora  i “nuovi” Tester riescono a separare la Moissanite dal Diamante. Ce l’hanno scritto sui display: Moissanite da una parte e Diamante dall’altra, ognuno con il suo suono ed il suo colore. E’ tutto a posto allora, la Moissanite ha smesso di farci paura?

Beh, non è proprio così. Per la ragione che questi strumenti (che tra l’altro costano varie centinaia di euro l’uno) semplicemente non funzionano.

O meglio (il che a nostro parere è ancora peggio) non funzionano sempre. Non sono affidabili, per dirla tutta.

Un gioielliere o un commerciante che decidesse di affidarsi solo alla Pennetta Termica per separare Diamanti da Moissaniti (ma siate pur certi che non lo fa nessun professionista serio) rischierebbe non solo soldi ma quello che è ancor più grave la reputazione.

In ogni caso quello che noi sempre consigliamo, in questi casi, è di rivolgersi ad uno specialista del settore.

A meno che non lo siate voi stessi.

 

Lorenzo Capparelli

Centro Gemmologico Toscano

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