Agosto 13, 2024
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Credo che tutti siano concordi nel ritenere che l’imitazione costituisca, in un certo senso, un attestato di stima.
Come ben sappiamo, quanto più un oggetto è raro, prezioso e costoso tanto più è imitato.
Il mondo delle pietre preziose è uno di quei campi dove, nel corso della storia, sono stati profusi più capitali ed energie per ottenere imitazioni il più possibile simili all’originale.
Il Diamante occupa, naturalmente, i primissimi posti di questa speciale classifica.
Già Benvenuto Cellini (1500-1571) insegnava come modificare il vetro per conferirgli l’aspetto del diamante ma fu solo nel 700 che iniziò una vera e propria corsa a cercare imitazioni sempre migliori per questo fantastico minerale dalle caratteristiche uniche.
Fu allora che i vetrai veneziani si resero conto che aggiungendo ossido di piombo al vetro se ne aumentava la lucentezza e si otteneva da questo semplice e poco brillante materiale una maggiore dispersione ottica della luce creando di fatto le prime imitazioni del Diamante.
Poi arrivarono i rivestimenti in metallo della parte bassa del vetro modellato a Diamante, il padiglione, per meglio intrappolare la luce ed ancora oggi, sostituendo il metallo con un sottile strato di materiale plastico chiamato foilback, vengono prodotte (a dire il vero poco credibili) imitazioni del Diamante in plastica o vetro.
Sono le Rhinestones che prendono il nome dalla valle del Reno da cui provenivano un tempo i quarzi incolore che opportunamente rivestiti costituirono anch’essi per molto tempo un improbabile imitazione del Diamante.
Il vetro artificiale, comunque, il suo periodo di maggior successo come imitazione del Diamante lo raggiunse a metà del XVIII secolo quando l’austriaco Joseph Strasser brevettò un vetro a base di piombo, rivestito nella sua parte bassa di specchio, che aveva la peculiarità di possedere un relativamente alto indice di rifrazione. Ancora oggi questo vetro è ampiamente commercializzato col nome, appunto, di strass.
Nel ventesimo secolo furono sintetizzate una serie di pietre usate poi come imitazioni del Diamante.
Negli anni venti, grazie al metodo Verneuil o fusione alla fiamma, vennero sintetizzati lo spinello sintetico incolore e il corindone sintetico incolore.
Entrambe queste due facilmente distinguibili dal Diamante.
Lo spinello sintetico perché ha una bassa dispersione della luce (meno della metà del Diamante), una tipica birifrangenza anomala, bassa lucentezza e caratteristiche bolle di gas che, osservate al microscopio, ne denotano la provenienza di sintesi.
Il corindone sintetico incolore ha maggior durezza ma una dispersione ancora più bassa di quella dello spinello. Quindi la prima indicazione la si ottiene già ad occhio nudo e nell’eventualità ci si toglie ogni dubbio con l’uso del rifrattometro avendo queste due pietre un indice alquanto vicino tra di loro ma molto diverso da quello del Diamante.
Nonostante tutto, per mancanza di valide alternative, sono state usate per centinaia d’anni come imitazioni del Diamante avendo si, come dicevamo, un indice di rifrazione assai distante da quello del Diamante (con la conseguenza di una assai minore brillantezza e fuoco) ma dalla loro una discreta durezza e quindi una maggior durata rispetto alle precedenti imitazioni e, cosa sempre importante, un costo veramente basso.
Negli anni cinquanta, sempre col metodo di fusione alla fiamma e sempre con lo scopo di creare imitazioni più credibili del diamante, fu prodotto il Rutilo Sintetico e qualche anno dopo il Titanato di Stronzio, quest’ultimo commercializzato col nome di “Fabulite”. Oggi queste due imitazioni sono piuttosto in disuso ma di tanto in tanto capita ancora di trovarne.
A differenza che negli altri due casi precedenti, la pur alta dispersione del Diamante, nel caso del rutilo e della Fabulite costituisce un elemento distintivo per difetto.
Infatti la dispersione della luce nel diamante è molto alta ma nel Titanato di Stronzio e soprattutto nel Rutilo Sintetico è altissima tanto da creare, in special modo in quest’ultimo, un evidente effetto di iridescenza visibile anche ad occhio nudo.
Già a prima vista, rispetto al Diamante, noterete qualcosa che non va. Un certo, per così dire, eccesso che vi trasmetterà una conseguente sensazione di “falso”.
Entrambe queste imitazioni inoltre hanno poi una durezza assai bassa tanto che quasi sempre si presentano con angoli e spigoli danneggiati e che, anche qualora non lo siano, perché casomai mai usati nè incastonati, questi appariranno sempre, per così dire, più “morbidi” di quanto non siano nel Diamante.
Il loro peso specifico (come d’altronde nella quasi totalità delle imitazioni, Moissanite esclusa) è poi assai più alto di quello del Diamante.
La differenza, se sono sciolti e non montati, la si può rilevare con una bilancia idrostatica ma anche in un modo molto più semplice.
Nel caso soprattutto di Diamanti tagliati “round brilliant”, data la costanza di forme e proporzioni, (tenendo sempre da conto un minimo di tolleranza dovuta eventualmente al cosiddetto “peso nascosto” voluto dal tagliatore per conservare più massa possibile) ad una determinata misura del diametro medio della cintura corrisponde sempre un determinato peso.
Un diamante taglio rotondo di cui il diametro medio della cintura è 6.5 mm, per esempio, avrà sempre (a parte i casi, come dicevamo, del “peso nascosto” dove però le differenze hanno percentuali minime) il peso di 1 carato. E’ quindi sufficiente il semplice uso d’un calibro e poi di una bilancia tarata in carati per effettuare un’ ulteriore separazione.
Qualche anno dopo, alla fine degli anni 60, fecero la loro apparizione sul mercato, come imitazioni del Diamante, due prodotti artificiali : lo YAG (Yittrium Aliminum Garnet) e il GGG (Gadolinium Gallium Garnet).
Lo YAG divenne famoso fin da subito perché usato da Cartier per la replica del diamante da quasi 70 carati che Richard Burton aveva regalato a Liz Taylor (vedi foto del blog). Quando si dice il gossip.
Sia lo YAG che il GGG sono facilmente distinguibili dal Diamante. Il primo, pur possedendo una durezza alta (8.5 nella scala Mohs) ha una bassa dispersione della luce, un alto peso specifico e caratteristiche bolle di gas al proprio interno.
Rispetto allo YAG il GGG è un’imitazione più credibile all’occhio perché ha coefficiente di dispersione molto vicino a quello del Diamante e un “fuoco” molto simile ma quello che lo rende facilmente individuabile sono il suo peso specifico davvero alto (poco meno del doppio del Diamante) e la bassa durezza che in breve tempo produce un danneggiamento generale della politura e quindi si presenta quasi sempre con cintura, angoli e apice danneggiati e anche qualora fosse appena uscito da un laboratorio gli spigoli delle faccette presenterebbero sempre un aspetto, come dicevamo anche della Fabulite, molto “tenero”.
Entrambi, pur essendo creati in laboratorio ed avendo una struttura cristallina simile a quella del Granato (Garnet appunto in inglese) vanno considerati materiali artificiali e non sintetici in quanto non esiste (o almeno non è stata ancora scoperta) una loro controparte naturale.
Fino ad ora, come senz’altro avete avuto modo di notare, abbiamo sempre parlato di imitazioni distinguibili e separabili dal Diamante senza troppe difficoltà.
D’ora in poi con la Zirconia Cubica ma soprattutto con la “terribile” Moissanite si comincia a fare davvero sul serio
Fine prima parte.
Continua…
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